Egisto Pandolfini

01.02.2019 11:05 di  Claudio Nassi   vedi letture
Egisto Pandolfini

Le ultime notizie me le avevano date a colazione a Lastra a Signa Serafino Sanesi e Beppe Bonardi. Parlavano di un ultranovantenne sempre attivo. Ecco perché, quando mercoledì ho letto da Calamai e Masieri che ci aveva lasciato, ho provato grande dispiacere. Avevo stima di Egisto Pandolfini, così tanta che, quando il Conte Pontello mi chiamò per ricostruire nell''85 la Fiorentina, chiesi immediatamente che avesse termine l'esilio di Viareggio. Nessuno meglio di lui poteva riorganizzare il settore giovanile. Chiedevo di privilegiare la qualità. Non ci dovevano essere dubbi da parte dei tecnici su chi rimaneva. Si ripartiva con quattro squadre: esordienti, allievi, Berretti e Primavera. L'obiettivo era entrare nella rosa di prima squadra. Faceva parte della ristretta cerchia di quelli che capivano di calcio, con Valcareggi, Biagiotti, Mazzoni e pochi altri. Eppoi, altro titolo di merito, non aveva mai voluto lasciare la Fiorentina da dirigente, nonostante le pressioni del Presidente Lenzini, che tentò l'impossibile per portarlo alla Lazio.

Era stato un'ottima mezzala. Dopo quattro campionati con i viola e quattro nella Roma, arrivò all'Inter, prima di chiudere nella Spal e nell'Empoli. Un centrocampista col fiuto del gol, se in 293 partite in Serie A ne aveva messi a segno 86, oltre ad essere un rigorista di vaglia, 17 i centri. Chiudevano il cerchio le 21 presenze e le 9 reti in Nazionale, oltre ai due Mondiali sfortunati del 1950 e '54. Godeva dell'amicizia di Giampiero Boniperti che, al termine di ogni telefonata, mi chiedeva di Egisto. E, considerato il carattere del Presidente, credo sia più di una credenziale. Era un fine politico, intelligente. Sapeva incassare in silenzio, senza dimenticare. Non amava la ribalta, preferiva fare le cose. Superfluo aggiungere che nell''86 le quattro squadre del settore giovanile arrivarono alle finali nazionali e gli allievi di Piccinetti al titolo, ma non eravamo soddisfatti, anche se si trattava del primo anno di lavoro. Come è superfluo aggiungere che, dopo Artemio Franchi, nessuno ha dato quanto Egisto alla Fiorentina. 

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