Il Bologna, Sinisa e Beneforti

18.08.2019 12:38 di Claudio Nassi   vedi letture
© foto di Giacomo Morini
Il Bologna, Sinisa e Beneforti

So bene che cosa significhi il calcio per il Belpaese e, quando le squadre di vertice vanno all'estero, spero facciano bella figura. Per questo, nelle mie pazzie, mi permettevo di telefonare a Silvano, Daniele e Fabrizio perché stessero attenti a Keane e Scholes, a schierare Pizarro, che sarebbe stato asfaltato, e a una designazione che doveva essere pesata con la bilancina del farmacista. Come sto male se vedo la Fiorentina non all'altezza del passato o il Bologna rischiare la B.

La premessa per parlare di quanto siano importanti i giornalisti che, nelle rispettive città, si sono conquistati seguito e credibilità per l'amore verso la squadra e la capacità di scrivere un corsivo che porta a riflettere anche il presidente più presuntuoso. Nel mio peregrinare mi hanno accompagnato giornalisti amici, ma non tanto da perdonare l'errore. Devo dire che potevo confrontarmi, discutere anche animatamente e uscire arricchito con qualche idea riveduta e corretta. A Lucca c'era Paolo Galli, un maestro. Aveva sempre richieste, ma non lasciava la città. Una fortuna per la società rossonera. A Pistoia a Enzo Cabella sfuggiva ben poco di quanto avveniva in casa arancione. Ad Arezzo determinava Mario D'Ascoli, tifoso juventino, amico di Boniperti, ma aretino doc. A Perugia, dove c'era una classe giornalistica di prim'ordine, il tandem Mariano - Sampaolo difficilmente perdonava. A Firenze Sandro Picchi raramente andava sopra le righe, ma quando capitava era seguito da tutti. Gli riconoscevano equilibrio e una conoscenza del calcio che pochi avevano. Solo a Genova ho avuto guerra ad personam. Con il Presidente all'estero e il divieto di parlare ai consiglieri, si era creata un'aria irrespirabile, anche se tutto si doveva concludere nel migliore dei modi.

Ed ecco Bologna, città meravigliosa, che non può non essere nel cuore. Ho iniziato a scrivere, con il placet di Aldo Bardelli, a Stadio, nella rubrica del giovedì, tenuta da Italo Cucci, "Rotostadio". Non dimentico Adalberto Bortolotti, che, con Gianfranco Civolani, altro maestro, mi proibì di passare dalla città dopo aver acquistato il diciassettenne Mancini, o Facchinetti, ma l'opinion leader del momento è un pistoiese: Claudio Beneforti. Inutile dire quanto ami la città dove ha scelto di vivere e la squadra. Quando le cose precipitano, lo chiamo per dargli conforto e invitarlo a fare l'impossibile per rimettere la barca in linea di galleggiamento. L'anno scorso ci riuscì, come sa l'amico Alberto. Oggi lo vedo in grande difficoltà per Mihajlovic. Immagino quanto sia combattuto nell'affrontare un campionato senza mister in panchina. Ce la farà Sinisa a combattere una malattia che ha bisogno di tutta la sua forza di volontà e a guidare la squadra, con la quale è ogni giorno in contatto? Ma quando si perde non ci vogliono due o tre giorni per assorbire la sconfitta? Non sarà un colpo mortale per chi non può permettersi di perdere energie in altre direzioni? Non vorrei che Sinisa chiedesse troppo a se stesso, perché la vita e la famiglia sono le cose più importanti. Purtroppo il calcio assorbe completamente. Non ammette part-time. Claudio lo sa e trema.   

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