Il Netzer di Quezzi
La scorsa settimana, mentre cammino in Via Panciatichi, un signore mi saluta e chiede che cosa potrà fare una Fiorentina che vende i pezzi migliori. La risposta viene facile: "Evidentemente ci sono ingaggi troppo alti. Si vuole ridimensionare, ma questo non vuol dire indebolirsi. Se i nuovi saranno elementi di qualità, non vedo motivo per disperare". Sono per chi va controtendenza e prima di contestare è opportuno attendere il responso del campo. Continuando a parlare, il signor Angelo dice cose giuste. Ricorda il passato, quando, a suo dire, si giocava per la maglia. Un tasto che non mi trova d'accordo, perché i calciatori privilegiano da sempre altre cose. Sono stato calciatore, anche se a medi livelli, e so che a vincere è l'interesse economico. Ricordo un D.S. genoano che, quando gli domandavano se avrebbe saltato il fosso per approdare alla Sampdoria, rispondeva: "Sono un professionista, vado dove mi chiamano". Non riesco a dimenticare che Batistuta il giorno prima parlava della Fiorentina, di Firenze e dei fiorentini in termini entusiastici e il giorno dopo, alla conferenza stampa della Roma, che sanciva l'avvenuto passaggio, si presentava con la sciarpa giallorossa al collo.
Nessuna meraviglia, perché è la vita, ma se dici alla piazza di non innamorarsi dei calciatori, degli allenatori e dei dirigenti, che sono le variabili, perché le costanti rimangono la società, la città e i tifosi, ti guardano come un alieno. Aiuta forse una frase di Cecov: "Sento dire che la verità trionfa sempre, ma questa non è la verità". E poi esistono le eccezioni. Nello scorso campionato, ad esempio, apprezzo il "no" di Enrico Nicolini a seguire Mandorlini, chiamato al capezzale del Genoa dal Presidente Preziosi. Enrico, il Netzer di Quezzi, per la somiglianza al nazionale tedesco, è stato un buon centrocampista, con 237 presenze in A e 155 in B. Cresciuto nelle giovanili della Samp, esordisce in A nel '73. Chiude con il calcio giocato nell''89 a Catanzaro e inizia a fare l'allenatore. Novara, Vigor Lamezia, Palermo e tanta C. Poi nello staff del suo ex allenatore Mazzone a Brescia, osservatore al Bologna e, dal novembre 2009, al Cluj in Romania, con Mandorlini. I due vincono Campionato e Coppa. Una parentesi al Bogliasco nel 2013 e a luglio di nuovo con Mandorlini a Verona. Arrivato in Serie A, il 30 novembre 2015 per Mandorlini e lo staff ecco l'esonero. Quando, nel febbraio 2017, lo invita a seguirlo al Genoa, Nicolini ringrazia e rifiuta. "Per una questione di dignità - dice -. Sono nato in una famiglia sampdoriana, ho giocato con i blucerchiati, non posso accettare per rispetto ai miei tifosi e a quelli del Genoa".
Credo meriti gli applausi e la stima di tutti, soprattutto da parte di quelli che conoscono una rivalità tra i clubs che non ha l'eguale. E' un idolo della Curva Sud. Lo vorrebbero, come merita, con un ruolo in società, ma il Presidente Ferrero e Romei, per ora, non sono dell'avviso. Peccato!
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