Giochisti uccellati

20.06.2020 09:00 di Claudio Nassi   vedi letture
© foto di Alessandro Garofalo/Image Sport
Giochisti uccellati

Come deve essere difficile accorgersi di aver sostenuto tesi che vedi spazzate via dalla realtà. Com'è duro doversi arrampicare sugli specchi per trovare un appiglio a non so quanti scritti, quando ti accorgi che sono parole al vento. Ecco perché viene da sorridere se si dividono gli allenatori tra "giochisti" e "risultatisti". Ho sempre pensato che a livello professionistico, come dicono negli USA, non conta vincere, conta solo vincere o, come voleva Vince Lombardi: "Vincere non è tutto, è l'unica cosa". D'altro canto anche l'ultimo dei tifosi sa che, alla lunga, per vincere devi giocare bene, altrimenti vedi vincere.

Detto questo, leggo che la vittoria del Napoli in Coppa Italia si deve alla modestia, allo spirito di squadra e alla maggiore volontà. "L'allenatore? Un esempio di professionalità, modestia e umanità, che ha trasformato un gruppo in una squadra coesa e generosa, perché il calcio è, prima di tutto, entusiasmo, generosità e spirito di squadra". "Gli azzurri si sono preoccupati più di difendere che di giocare". C'era un'altra frase, che non aveva niente a che spartire con il bel gioco e gli schemi: "Tirate fuori dai calciatori tutto l'entusiasmo che hanno. Arriverete lontano, perché sono le doti morali a determinare il successo".

Immagino la pletora dei giochisti e dei loro seguaci accettare, obtorto collo, frasi che nascondono la verità. Perché Gattuso non ha fatto altro che applicare una delle tattiche che permettono di contrastare l'avversario più forte: giocare sopra ritmo per 95' o difesa e contropiede. Ha scelto la seconda e ha superato prima l'Inter in semifinale, quindi la Juventus. Ma in precedenza non si era discostato troppo nell'andata di Champions col Barcellona. Come farà al ritorno al Camp Nou. Perché il calcio ha regole semplici ma precise e gli inventori dell'acqua calda dovrebbero capire quanto ci sia poco da inventare.

Nel caso qualcuno pensasse che mi diverto a salire in cattedra, ricordo che sono uno costruito. Ho avuto grandi maestri e qualcosa ho imparato. Non tutto, perché anche mercoledì ho dovuto rivedere una convinzione. Credevo avesse ragione Liedholm quando diceva: "Datemi i calciatori più bravi, a metterli insieme ci penso io". Ritenevo che Ronaldo e Dybala potessero coesistere. Bastava fossero amici per spartirsi il lavoro. Non è così, perché il portoghese gioca per segnare, essere il migliore eppoi vincere. Quando hanno spiegato che anche al Barcellona Griezmann, pagato 120 milioni, non può giocare con Messi per gli stessi motivi, ho dovuto innestare la retromarcia, come consiglierei ai giochisti.   

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