Ma i procuratori ne capiscono?

11.11.2016 11:59 di  Claudio Nassi   vedi letture
© foto di Antonio Vitiello
Ma i procuratori ne capiscono?

Continuo a ripetere quello che tutti sanno, ovvero che i procuratori sono, nella maggior parte dei casi, D.S. e D.G. falliti. Alcuni hanno provato, ma sono stati respinti con perdite; altri vivono con la speranza che un giorno si presenti l'occasione. Lunedì sera ho ascoltato in tv un procuratore spiegare che oggi le società non sono più quelle di un tempo, quando presidente, manager e allenatore chiudevano il cerchio. Perché il marketing, il merchandising e non so quante cose ancora hanno portato i clubs ad avere strutture allora impensabili. Fatti i complimenti per la dotta spiegazione, avrei desiderato conoscere con dovizia di particolari i cambiamenti. Personalmente fatico a vederli e se nel settembre dell''82 ho fatto il procuratore e costituito la AIM, con due soci, per portare nel calcio quello che Mc Cormack e Donald Dell facevano negli USA con i campioni del tennis e del golf, ovvero la gestione completa dai contratti alla pubblicità, vuol dire che non mi era sfuggita l'importanza degli sponsors.

Quindi non sottovaluto il marketing, il merchandising, la comunicazione ecc. ecc.. Ma una società di calcio non può prescindere dalla terna che quel procuratore vuole superata. Credo che la partita della domenica sia sempre la bistecca, quella che fa salire il conto al ristorante. Il resto è contorno. Tutto dipende dai risultati, come ebbi a dire nel '94 a Galliani, quando magnificava l'ufficio marketing del Milan. Non avesse vinto non ci sarebbe stata la fila per entrare nel pool di sponsors che allora portavano 30 miliardi. Punto primo. Punto secondo: le strategie della società non debbono essere conosciute da più persone. Dopo che l'allenatore ha espresso i suoi desiderata, la palla passa al duo presidente-manager, legati da un patto che vieta di parlarne con chicchessia. Perché, se una notizia viene fuori, o si perde il calciatore che interessa o, nella migliore delle ipotesi, ci si troverà a pagare una cifra superiore a quella iniziale. Inoltre, dal momento che nel calcio tutti parlano e tanti si sentono poco considerati e mal pagati, non è difficile approfittarne. Conoscevo molti di questi. Regalavano un sacco di notizie, alcune delle quali permettevano di ridurre la percentuale di errore. Per questo non ho mai detto a un osservatore qual era il calciatore che interessava, ma solo la partita da visionare. Doveva segnalare i migliori e spiegarne il motivo.

Perciò continuo a ritenere che una società con pochi a decidere sia vincente, che il silenzio non sia d'oro ma di platino e l'importante non sia vincere, ma solo vincere, anche perché, come dice Flaiano: "Gli italiani corrono sempre in soccorso del vincitore". E la cosa, com'è facile capire, non guasta.  

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