La democrazia totalitaria

12.05.2017 10:44 di  Claudio Nassi   vedi letture
© foto di Daniele Buffa/Image Sport
La democrazia totalitaria

Quando parlo con qualcuno e sento dire che il calcio è cambiato da quando vi lavoravo, rimango perplesso. O meglio, capisco che sono aumentate le difficoltà, soprattutto a causa della pletora di persone che ruotano attorno alle società, ma continuo a pensarla allo stesso modo. D'accordo, se un'operazione è fatta con l'estero si dovrà concordare con chi cura l'aspetto finanziario, ma non andrei oltre. Sono sempre stato dell'avviso che nel calcio deve esistere la "democrazia totalitaria", o il "totalitarismo democratico", altrimenti non si va lontano. Ho talmente radicato questo concetto che, quando sento parlare di difficoltà esistenti per le interferenze di terze persone, non dico che prendo cappello, ma poco ci manca. Giorni or sono, parlando con un addetto ai lavori, gli ho suggerito di mettere alle panche, con eleganza, ma non troppo, chi fa parte del contorno. Perché alla bistecca, che fa salire il conto al ristorante, deve essere riconosciuta l'importanza. E nel calcio si identifica nella bistecca chi fa quadrare il bilancio, legato in modo indissolubile alla campagna acquisti-cessioni.

Ebbene, chi fa quadrare il bilancio deve dirigere le operazioni, senza disturbi di sorta. C'è una sola persona da cui non si può prescindere: il presidente. Gli altri, lasciato uno spazio, non troppo ampio, all'allenatore, non devono sapere delle trattative fino all'atto della firma. Non a caso i nostri padri latini dicevano tot capita, tot sententiae, ovvero "tante teste, tanti pareri". Sono talmente convinto di essere nel giusto, perché me lo hanno insegnato, che con un'organizzazione simile si può puntare a vincere. Quando guardo alla Roma, che ha il Presidente in America, con il consigliori, Baldini, a Londra, nella cui sede opera un A.D., Gandini, un D.G., Baldissoni, un D.S., Massara, e ora Monchi, un capo delle operazioni, Zubiria, con 250 persone a Trigoria, vedo la Torre di Babele. Per questo ripeto che Spalletti ha fatto miracoli con la squadra al secondo posto. Poi giro lo sguardo e, dove esiste il totalitarismo, trovo il Napoli di De Laurentiis, Giuntoli e Sarri in terza posizione, a un punto dai giallorossi, e la Lazio di Lotito, Tare e Simone Inzaghi al quarto, senza dubbio la più bella sorpresa del campionato con l'Atalanta. Ecco perché l'Inter e il Milan difficilmente potranno tornare ai vertici, con una proprietà che vive all'altro capo del mondo e personaggi che hanno poco a che spartire con il calcio, eccezioni escluse.

Spero con tutto il cuore di non essere nel giusto, ma vorrebbe dire che gli insegnamenti dei vecchi saggi erano sbagliati. Eppure, se non ricordo male, facevano loro un detto gesuita: omnia audire, multa cognoscere, pauca dicere​; consigliavano di non fare il passo più lungo della gamba, di parlare di calcio con cognizione di causa, di curare in modo maniacale il settore giovanile, di non toccare il tasto "arbitri", di rispettare le sentenze della magistratura sportiva e non solo, di essere sempre in credito nei confronti dei calciatori e di non perdere di vista il bilancio. Pensare che fossero fuori dal mondo mi sembrerebbe una bestemmia.       

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