999, un docufilm

08.05.2023 10:07 di  Claudio Nassi   vedi letture
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999, un docufilm

Ho letto con interesse l'intervista di Doriano Robotti a Marco De Marchi, ex difensore di Bologna e Juventus, poi agente e intermediario. E' uno dei protagonisti di un docufilm intitolato "999, l'altra anima del calcio", presentato oggi in anteprima a Bologna al cinema Ariston, poi il 9, 10 e 13 al Jolly. Il tema è sempre attuale: per uno che ce la fa, ce ne sono migliaia che falliscono. Sono tornato indietro nel tempo e ho rivisto la mia vita. Forse il titolo a tutta pagina non è il più giusto: "Dobbiamo proteggere i campioni mancati", perché si sa come finirà la carriera intrapresa. E' il confronto quotidiano con i compagni e gli avversari che convince. A 18 anni giocavo nella De Martino del Torino alla domenica e spesso, al mercoledì, nel campionato riserve. Escluso Vieri, non c'erano campioni, ma negli allievi ricordo ancora Rosato, un quindicenne sul quale tutti giuravano. Ho poi visto, quando ero a Tuttosport, una prova del Torino al Filadelfia con tanti ragazzi dell'OMI Roma. Cozzolino, Ellena e Ussello giudicavano da bordo campo. Ho ancora negli occhi D'Amico. Mai ammirato uno simile a 15 anni.

Non è difficile scoprire chi ha talento, anche in giovane età. Ma gli altri? Rimango dell'avviso che portieri, difensori e centrocampisti si confezionano in casa, se hai istruttori capaci di insegnare e correggere i difetti. Quindi ancora un numero troverà impiego nei campionati a vari livelli. E gli altri? Avranno fatto le loro esperienze, stretto amicizie che rimarranno e, spero, non abbiano commesso l'errore di abbandonare la scuola. Ho giocato 10 anni in Serie C e non ricordo calciatori che non hanno trovato sistemazione. E' sempre stato un problema di comportamenti e chi non commetteva sciocchezze trovava sempre lavoro, dal presidente, dal dirigente, in Comune, in Provincia, alla Camera di Commercio, nelle assicurazioni, da allenatore o apriva un'attività. Il calcio è un passepartout dei migliori. Quindi non sarei troppo pessimista.

Per quel che riguarda la crescita dei ragazzi, darei molta importanza all'ambiente familiare. Non ho mai accettato il comportamento dei genitori nei confronti degli istruttori. Quando lavoravo nelle società, avevano l'ordine di mandare in sede gli scontenti. Il colloquio era breve. Ecco il cartellino, potete portare il figlio dove volete. Poi ricordavo che i più bravi escono sempre. Io non lo ero e non sono arrivato, ma Picchi e Balleri, che giocavano in C a Livorno, hanno fatto in tempo, a 25 anni il primo e a 27 il secondo, ad andare in A alla Spal, all'Inter e in Nazionale. Quelli più fortunati arrivano prima, ma, dal momento che i bravi sono pochi, è solo questione di tempo.  

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