Conte e Ancelotti

08.11.2019 11:46 di Claudio Nassi   vedi letture
© foto di Daniele Buffa/Image Sport
Conte e Ancelotti

Mentre si perde tempo in cose che non portano a nulla, scoppiano due casi, all'Inter e al Napoli, che lasciano di sale. Detto che non sono d'accordo con quelli che insistono nel ripetere che non si possono giocare tre partite in sette giorni, né con chi fa del turnover, fin da settembre, una ragione di vita, la veemenza con cui Conte si scaglia contro la società per un mercato insoddisfacente non ha riscontri. Se penso che ha un contratto da 37 milioni netti in 3 anni, era scontato avesse il buongusto di lavare i panni sporchi in famiglia. Vabbene non essere d'accordo, né ricordare quanto la società ha speso o i soldi persi nelle cessioni di Nainggolan, Perisic e Icardi, ma a tutto c'è un limite. Nessuno desidera ricordare, come diceva Bernheim, che "...la riconoscenza è una malattia del cane che non si attacca all'uomo", ma scaricare le colpe su chi ti ha voluto o ha guidato le operazioni di mercato, quasi fosse semplice centrare gli obiettivi desiderati e concordati, fa pensare che certe frizioni saranno impossibili da ricomporre. Al tirar delle somme, viene fuori che la società non esiste, se permette il verificarsi di tali fratture. Non so, con tutta la buona volontà, come si potranno ricucire le ferite, che faranno solo la gioia dei franchi tiratori, sempre presenti in ogni club.

L'altro caso riguarda il Napoli e Aurelio De Laurentiis, che in 15 anni ha portato la società dalla Serie C a lottare per lo scudetto e a partecipare alla Champions League. Se il Presidente ordina di andare in ritiro per preparare le partite col Salisburgo e il Genoa, non vedo un motivo per ammutinarsi. Né capisco la dichiarazione di Ancelotti di non essere d'accordo. Se riscuoti puntualmente ogni 27 del mese e hai un contratto da 6,5 milioni netti l'anno, come puoi contestare una decisione tesa a far riflettere? La squadra, infatti, non si è espressa in campionato all'altezza delle aspettative e tutti debbono assumersi le proprie responsabilità. In campo vanno i calciatori e in panchina c'è colui che li guida. Se qualcosa non va, non credo siano gli ultimi responsabili e il presidente ha il diritto di richiamare all'ordine e di prendere i provvedimenti del caso. O deve essere solo colui che firma gli assegni? Magari, per evitare mugugni, sarebbe stato opportuno concordarlo. Ma non andiamo oltre, perché il numero uno ha anche il diritto di sbagliare. Soprattutto se ha dimostrato di essere capace. 

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