Cruyff e Van Basten

11.11.2024 09:00 di  Claudio Nassi   vedi letture
Cruyff e Van Basten

Quando andai ad Amsterdam ad acquistare Van Basten, avevo davanti Coster, suocero di Cruyff, Apollonius e Keizer, ala sinistra del grande Ajax e della Nazionale. Rappresentavano la Interpro Ltd., società che gestiva Van Basten e Kieft, ormai viola. Nel pomeriggio avevo assistito alla partita col Groningen dai distinti con Keizer, che aveva un'autentica venerazione per Cruyff. Contraccambiata, se il Pelé bianco lo schierava nella formazione ideale con Yashin, Carlos Alberto, Beckenbauer, Krol, Di Stefano, Guardiola, Bobby Charlton, Garrincha, Pelé e Maradona.

La penso allo stesso modo su Cruyff, fuoriclasse anche da allenatore. Nella sua autobiografia leggo: "La cosa fondamentale per un calciatore resta la capacità di padroneggiare i rudimenti: il passaggio, lo stop di piede e di petto, l'ambidestrismo e il colpo di testa. La tecnica di base, insomma. Tutte abilità che chiunque può allenare". Dal 2000, quando Mazzini, Commissario a Coverciano, chiese di dargli una mano, ho sempre criticato i corsi, che non preparavano allenatori e manager come avrei desiderato, per non parlare degli istruttori, dimenticati da sempre. Se sono d'accordo con Obradovic, che non c'è tattica più importante della tecnica, e Cruyff è sulla stessa lunghezza d'onda, mi illumino d'immenso, per non aver perso tempo senza costrutto in una vita spesa nel calcio.

Poi, sul settimanale del sabato della "rosea", SportWeek, leggo la squadra dei sogni di Jaap Stam, un Dream Team con tutti i suoi compagni. A centrocampo insieme con Pirlo schiera Paul Scholes e Roy Keane. Del primo dice: "Box to box all'inglese, primo controllo di palla super e che senso del gol: inserimenti in area o tiri, ha segnato più di cento gol". Del secondo: "Un radar in testa: sempre al posto giusto, bravissimo nel servire i compagni. Personalità da vendere". Ebbene, quando il Milan giocò a Manchester contro lo United in Coppa dei Campioni, telefonai all'amico Ramaccioni per dirgli che, se volevano vincere, dovevano limitare Keane e Scholes, i motori della squadra, centrocampisti in grado di interdire, impostare, rifinire e concludere. Vinse il Milan 1-0, gol di Crespo. Da allora Tassotti domandava a Silvano se avevo telefonato. Perché lo facevo, se avevo solo da perdere? Sono così tifoso delle squadre quando giocano nelle Coppe che non penso alle brutte figure. Convinto, purtroppo, che il nostro calcio non sia secondo a nessuno, come hanno ripetuto, intervistati da Marucci, Dunga e Passarella. 

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