Gianni Brera

12.09.2019 08:59 di  Claudio Nassi   vedi letture
Gianni Brera

Come al solito ho messo molto tempo per capire Gianni Brera. Non conoscevo la sua analisi del giornalismo sportivo afflitto da due mali: da una parte gli eredi del dannunzianesimo, che raccontavano l'evento gonfiandolo di parole, senza occuparsi del gesto e della tecnica; dall'altra quelli che qualcosa di tecnica sapevano, ma avevano ben poco altro. Facevo parte di questi ultimi. Credevo di sapere perché avevo giocato e maturato esperienze, ma avevo capito ben poco. Eppure a Tuttosport c'erano fior di maestri, però la presunzione li oscurava. Un anno dopo essere uscito ho chiesto scusa. Cominciavo a capire il giornalismo sportivo. Anche Gianni Brera mi sembrava un alieno, fuori da ogni schema con la rubrica "L'Arcimatto" sul Guerin Sportivo. Di una difficoltà unica. La sfogliavo distrattamente. Poi ho capito il giornalista, lo scrittore, il saggista, il polemista. Conservo gelosamente i tanti scritti, addirittura un libercolo del '74: "Introduzione alla vita saggia".

L'8 settembre u.s. ricorreva il centenario della nascita e Lady Radio non poteva non unirsi al coro. Tardi mi sono reso conto di quanto sia stato grande Gioannbrerafucarlo. L'ho analizzato e studiato per apprezzarlo appieno. Capiva di calcio come non credevo. Non solo in chiave tecnico-tattica. Anche le disquisizioni sulle razze spiegavano la preparazione dell'uomo. Non condividevo certe prese di posizione tout court, vedi Rivera abatino, anche se avevano un fondo di verità. Ho voluto ricordarlo inserendo in un glossario che chiudeva Tuttocalcio, un annuario tecnico-statistico di 1.300 pagine, alcuni neologismi che solo lui ci poteva regalare: bomber, ciccato, colombella, depanchinato, doppioviemmista, fantacalcio, foglia morta, francobollatore, ginnasiarca, iellatorio, melina, panturbillon, pappina, pedatore, pippero, pistonare, prestipedatore, sivoreggiare, sudditanza psicologica, telecrazia, vianema.

Per questo, e non solo, mi sono ribellato quando si voleva far entrare nella Hall of Fame del Museo del Calcio di Coverciano il primo giornalista. Si era pensato a Giovanni Arpino. Al di là del fatto che si dimenticavano Carlin, Bardelli, Zanetti, Panza e non solo, nessuno poteva stare davanti a Gioannbrerafucarlo. Indro Montanelli l'aveva definito il "Meazza del giornalismo", ma chi poteva scrivere: "Sono nato l'8 settembre 1919 a San Zenone Po, paìs della Bassa, in provincia di Pavia, padano di riva e di golena e cresciuto brado o quasi fra boschi, rive e mollenti"?   

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