Jorginho e Verratti out

27.03.2023 09:00 di  Claudio Nassi   vedi letture
© foto di Antonello Sammarco/Image Sport
Jorginho e Verratti out

Quando leggo la formazione dell'Italia contro l'Inghilterra, domando se sogno. Sono da sempre contro l'impiego del regista, perché è il passaggio obbligato e, se marcato e attaccato, diventa l'anello debole. D'accordo, se lo si lascia giocare è l'allenatore in campo, ma la presenza non dà vantaggi certi. Figurarsi due, come la Nazionale con Jorginho e Verratti, senza dimenticare che Mancini ne ha schierati anche tre, con Bonucci. Se i piedi buoni sono ok, altre le doti che mancano, a partire dalla velocità e la fase difensiva. Va bene con le nazionali di secondo e terzo livello, ma contro le altre dimentichiamolo, soprattutto con l'Inghilterra, che fa del ritmo il cavallo di battaglia.

Ripeto da sempre che l'allenatore è il mestiere più difficile del mondo e non ho mai preso in considerazione la possibilità di sedere in panchina. Me la sono cavata nel confezionare qualche squadra. So pure che le partite si vincono a centrocampo, dove servono calciatori completi, in grado di difendere, impostare, rifinire e concludere o, come preferisce più semplicemente Allegri, di fare legna. Ecco perché Jorginho e Verratti non avrebbero dovuto trovare posto. Infine, ho conosciuto solo un tecnico in grado di fare la squadra: Osvaldo Bagnoli. Uno dei pochi, se non l'unico, ad aver vinto campionati dalla C2 alla Serie A, mostrando ottimo calcio, grazie a specialisti del ruolo. Uno schema semplice, che oggi si potrebbe identificare nel 3-5-2 o nel 4-4-2: due marcatori e un libero dal piede educato, un fluidificante mancino, un'ala tornante destra, tre centrocampisti dal buon tasso tecnico e due attaccanti, uno potente e forte di testa e l'altro rapido. Poteva anche non avere uomini con simili caratteristiche, ma era quello a cui tendeva.

Sento e leggo che abbiamo troppi stranieri nel campionato e le difficoltà per il selezionatore aumentano, ma una squadra si può sempre confezionare e di buon livello. Senza convocazioni pletoriche, né scoprire il diciottenne Pafundi a Udine o far giungere Retegui dall'Argentina, per metterlo in campo dopo tre allenamenti. Non a caso abbiamo quattro stellette sulla maglia della Nazionale, come la Germania, secondi solo alle cinque del Brasile, ma, evidentemente, non lo abbiamo capito e non aver partecipato a due Mondiali è la dimostrazione.  

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