Kurt Hamrin
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Disse: "Ai miei tempi le autoreti venivano assegnate a chi le commetteva. In seguito, invece, a chi aveva calciato". Con queste parole Kurt Hamrin ricordava che il cannoniere principe della Fiorentina sarebbe stato lui e non Batistuta, che lo precede di un gol: 152 a 151. Chiamato dai viola a sostituire un mostro sacro, Julinho, ripeteva: "Ma io faccio più gol". Quasi in silenzio lasciava capire quanto credesse in se stesso. Era una delle ali più forti di sempre. Gentiluomo di antico stampo, non voleva essere considerato un idolo, ma sapeva di esserlo. Lo dicono le 191 reti in Serie A, con una media di 0,48 in 400 partite. Mai soprannome fu più indovinato: "Uccellino". Elegante e micidiale, lieve e veloce, in campo volava.
Ambidestro e grande opportunista, puntava sempre l'avversario e lo saltava in dribbling, col tunnel o grazie al rimpallo, la specialità. Con lui in nove anni la Fiorentina terminò due volte seconda, anche per aver di fronte la Juventus di Boniperti, Charles e Sivori, il Milan di Schiaffino e Altafini e l'Inter di Angelo Moratti. Tuttavia arrivarono due Coppe Italia, la Coppa delle Coppe, quella delle Alpi e la Mitropa. Il resto lo vinse al Milan, dallo scudetto alla Coppa delle Coppe e dei Campioni. Dalla sua anche 32 partite con la Svezia, con 16 gol, e la finale del Campionato del Mondo perso nel 1958, 5-2, col Brasile. In totale 263 reti, capocannoniere con 22 all'Aik Stoccolma nel '54/'55 e una cinquina record in trasferta in A, Atalanta - Fiorentina 1-7.
Desidererei che Commisso e Barone facessero mente locale e capissero quali calciatori hanno fatto parte dei viola, da Cervato a una batteria di portieri da Nazionale, Costagliola, Sarti, Albertosi e Galli, a Julinho, Lojacono, Montuori, Amarildo, fino a Passarella, Batistuta e Baggio. Non avrei preteso che uno dei 500 uomini più ricchi del mondo acquistasse Haaland quando giocava nel Salisburgo, con una clausola rescissoria di 49 milioni da esercitare entro il 31 dicembre 2019. Sarebbe stato troppo, ma sognare una Fiorentina con Chiesa, Vlahovic, De Paul e Gudmundsson non era impossibile. Basta fare i conti e vedere i soldi spesi per calciatori non eccezionali e che cosa sarebbe arrivato, grazie alle coppe, nelle casse sociali. Ho imparato da Florentino Perez, Presidente del Real Madrid, il club più importante, che chi più spende meno spende o, per dirla con Bill Veeck, G.M. dei St. Louis Cardinals: "Non è il costo della qualità che preoccupa, è il costo della mediocrità che mi rovina".
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