L'affaire Di Maria
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Quando sento dire che il calcio è cambiato, domando se in meglio o in peggio. Martedì un D.S. tornava indietro negli anni e faceva nomi che in confronto agli attuali erano califfi. Mi divertivo e rincaravo la dose. Ad esempio, mettevo il dito sulla piaga delle notizie che si leggono. Poi venivo a sapere di una scenata tra amici a Forte dei Marmi, alcuni dei quali nella stanza dei bottoni. Uno consigliava di contattare la moglie di Di Maria per chiudere un contratto annoso. Dal momento che a decidere è sempre la donna, gli sembrava scontato. Non per la controparte, che pensava fosse questione di soldi. Dopo averli mandati a quel paese, rientrava a casa, dove un amico andava a trovarlo. Caso strano, il lunedì la trattativa veniva chiusa. Ancor più strano che il suggerimento arrivasse da uno di antico pelo.
Quando sento parlare di Botman e Sanches, difensore e centrocampista del Lille, con il Milan interessato da mesi all'acquisto, e vedo il primo ceduto al Newcastle e il secondo vicino al PSG, mi sembra di vivere in un altro mondo. Se ho vinto lo scudetto e punto al ventesimo e alla seconda stella, so che non devo sbagliare mossa. Fare trasparire le intenzioni del club è autolesionismo. Perché il danno è duplice. Il primo: conosciuto il nome, altri, che non ci pensavano, interverranno; poi, nel caso si riuscisse ad acquistarlo, si pagherà di più, grazie all'asta.
Infine, leggo e sento ripetere di piani triennali e norme stringenti per risolvere i problemi del calcio. Eppure sarebbe semplice, ci fosse la volontà. Si parla di salary cap, ma Lady Radio lo suggeriva da una vita. E la Covisoc non avrebbe la possibilità di controllare i conti ogni mese, impedendo di sforare parametri stabiliti? Infine, prima di parlare di aumentare i ricavi, sarebbe opportuno diminuire i costi. Ma il problema vero è quello tecnico, perché la cosa più importante è migliorare lo spettacolo. Dalla partita della domenica discende il business. Per riuscire bisogna partire da Coverciano e preparare, in ben altro modo, manager, allenatori e istruttori, per tornare a far crescere un movimento ingessato da tempo. Né dimentico i procuratori, che decidono i campionati, soprattutto nelle serie inferiori. Un cancro. Eppure è stato ripetuto più volte e suggerito come regolamentarli, se non si possono estirpare.
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