Le sostituzioni di Gasperini
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Mi ero ripromesso di non parlare più di Sacchi, che, con i sacchiani, ha fatto danni al calcio come nessuno. Conosco a memoria il curriculum e i flop uscito dal Milan. Ha altre doti per stare a galla. Non nego che servano. Rimanere vivo non è da tutti e riconosco i meriti a chi neppure sapeva calciare il pallone. Rischia due volte l'esonero, salvato dalla nebbia prima e poi, dopo la sconfitta a Lecce con l'Espanyol, dalla vittoria di Verona. La divisione tra "giochisti" e "risultatisti" lascia a desiderare, perché, se uno vince e continua a vincere, non è solo fortuna. Una volta va bene, due, tre, quattro, poi non può essere un caso. Allora cade il teorema, senza scomodare una frase che negli USA non si discute: "Non conta vincere, conta solo vincere". Ma quando Passarella ad agosto viene in Italia e ricorda le difficoltà che avevano Argentina e Brasile, le nazioni più forti, nell'affrontare gli azzurri, perché si trovavano davanti i migliori difensori e una squadra pronta a colpire in contropiede, domanda perché cambiare e scimmiottare questo e quello, fino a non andare per due volte ai Mondiali e non vincere una coppa europea dal 2010, esclusa la Conference League della Roma. Non deve far riflettere? E' normale che il Presidente dell'UEFA Ceferin definisca il calcio di Sacchi "soprannaturale" e che io, in un editoriale di martedì sulla "rosea", legga della sua straordinaria storia e della sua filosofia calcistica? E i calciatori? Come ricordò un capitano della Samp al sottoscritto, che si credeva uno scienziato: "In campo andiamo noi e quando l'arbitro fischia la partita la decidiamo noi". Sono l'ovvio, ma, evidentemente, non si vuol capire.
Ebbene, guardiamo al nostro calcio. Se abbiamo infortuni a ogni piè sospinto e i recuperi sempre più lunghi, c'è qualcosa che non va. Ogni riferimento ai medici e ai massofisioterapisti non è casuale. Né sono immuni da colpe i preparatori atletici, che tutti gli allenatori portano al seguito. I dubbi aumentano se si pensa a quando erano i tecnici a guidare il gruppo, invece di stare a guardare. Vorrei che Coverciano pulsasse e tornasse a sfornare gente preparata, perché, purtroppo, quelli che sanno sono sempre meno, ma si può migliorare.
Il calcio italiano non deve vivacchiare, ma aggiornarsi sempre per tornare a guidare il movimento internazionale come un tempo. Ancora un esempio. Ho visto Udinese - Atalanta e osservato Gasperini. Non so ancora spiegare perché sul 2-0, al 65', tolga Muriel e Lookman, i migliori, spine nel fianco della difesa di Sottil. Non regala il pari? Credeva di aver vinto a 25' dalla fine? Chissà se, come si è accorto che la difesa va coperta, abbia capito che i migliori vanno tenuti in campo. Parlo di chi stimo, ma confrontarsi sempre dovrebbe essere un obbligo!
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