Matarrese e Franchi

15.07.2022 09:00 di  Claudio Nassi   vedi letture
© foto di Federico De Luca
Matarrese e Franchi

Quando ero alla Fiorentina, un giornalista amico diceva che era l'era della comunicazione. Rispondevo di non essere d'accordo, sapendo che aveva ragione. Non condividevo chi parlava nel calcio. Ritenevo l'errore più grande. Sarei rimasto simpatico ai media, ma avrei fatto un danno alla società e a me stesso, perché il lavoro poteva partorire un topolino, se andava bene. A distanza di anni, ho letto un'intervista a un ex Presidente di Lega prima e FIGC poi: Antonio Matarrese. L'ho trovato spiritoso. A 40 anni dalla vittoria del Mondiale in Spagna, tutti hanno sentito il bisogno di apparire. Addirittura anche Tonino: "Ho vinto anch'io. Con la mia sferzata li ho spinti a reagire". Aveva detto una frase infelice, che lo perseguita da anni. Alla fine la squadra non volle nessuno negli spogliatoi.

Come al solito, in tutto quello che ho letto e sentito si è dimenticata la persona più importante: Artemio Franchi. Se il calcio è un fatto politico-economico-tecnico-tattico-fisico-atletico, non ricordare il Presidente dell'UEFA e Vicepresidente della FIFA, Presidente delle Commissioni arbitrali FIFA e UEFA, è più di una mancanza. So bene della guerra tra Allodi, deus ex machina di Coverciano, e Bearzot, ed Enzo, oltre ai problemi della Nazionale, sapeva che se non avesse vinto lo avrebbero cacciato. Superato il girone eliminatorio con tre pareggi, le difficoltà che avevamo davanti erano enormi, cominciando da Argentina e Brasile. Gli azzurri si superarono, come i direttori di gara, da Rainea a Klein, da Cardellino a Coelho. Ecco perché dimenticare Franchi non è corretto. Come se nelle vittorie della Spagna, Mondiale e Europei, che dal 1964 non aveva vinto nulla, non fossero riconosciuti i meriti di Angel Maria Villar Llona.

Per Matarrese forse è sanscrito, basta pensare alla gestione del Mondiale '90, quando giocammo la semifinale con l'Argentina di Maradona a Napoli, dove Diego aveva vinto lo scudetto, con il tifo degli spettatori diviso. Una Nazionale che lasciò in panchina Vierchowod, nonostante gli sforzi del capo-comitiva Boniperti e, come mi ebbe a dire, di Vialli. Avremmo dovuto avere cinque stelle sulla maglia e si deve sentir dire: "Ho vinto anch'io..." ecc. ecc.. Rimproveravo a Boniperti di averlo portato da Bari a Milano. Aveva sbagliato. Doveva scegliere Vincenzo, il numero uno, col Vescovo, dei cinque fratelli Matarrese. Quindi lasciamo perdere e preghiamo perché anche Mancini non smarroni e non ripeta: "So che vincerò un Mondiale". Basta boutades. Nella situazione in cui ci troviamo dobbiamo solo sperare nello Spirito Santo, come vuole Sua Eccellenza Carlo Mazza.  

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