Paolo Mantovani
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Diceva Antoine Bernheim, ex Presidente di Generali: "La riconoscenza è una malattia del cane non trasmissibile all'uomo". Più semplicemente Paolo Mantovani, uno dei miei presidenti, ripeteva che la riconoscenza non è di questo mondo. Entrambi hanno ragione, ma per una volta sono stati smentiti. Ci ha pensato la città di Roma e sabato 29 settembre si è ricordata di un figlio che a vent'anni l'aveva lasciata per Genova.
Alle 9.30 è stata scoperta la lapide di Largo Paolo Mantovani all'Eur, vicino a sportivi di fama mondiale: Via Erminio Spalla, Via Tazio Nuvolari e Via Fausto Coppi. Mancava solo Francesca, la figlia più grande, per un ritardo dell'aereo. La famiglia, con la signora, Enrico, Ludovica, zia Nilla e con l'arrivo di Filippo da Barcellona, era al completo. Enrico era il più felice, perché tutto è stato perfetto, per la presenza degli assessori, del Presidente Federale Abete, di Rosella Sensi, dell'Amministratore Delegato della Roma Fenucci, di quello della Sampdoria Sagramola, insieme con il D.S. Sensibile, con Lotito sul filo del telefono e tanti tifosi blucerchiati. Mancava Garrone, ma era a Bruxelles.
D'accordo, Mantovani ha collezionato con la Samp uno scudetto, tre Coppe Italia, una Coppa delle Coppe, una Supercoppa Italiana ed è giunto a giocare la finale della Coppa Campioni a Wembley con il Barcellona. Era riuscito a tanto in una società che non aveva mai vinto. Capisco intitolargli una via a Genova, come è avvenuto con una grande manifestazione, ma ripeterlo a Roma mi ha lasciato di sale. Complimenti, perché si tratta di un signore, di quelli con la marcia in più, di un gentiluomo, per il quale la stretta di mano era un contratto, di un romano atipico, perché puntuale come uno svizzero, nonché di un lavoratore indefesso. Era diventato, con l'acquisto della Nai e della flotta Monti, il primo armatore d'Europa, oltre che petroliere, tanto da raggiungere i 6.000 dipendenti. Rientrato dalla Svizzera, dopo essere stato assolto con formula piena dallo scandalo dei petroli, diventò il numero uno del calcio. Non si muoveva foglia senza averlo interpellato. I presidenti di Lega e Federazione sapevano a chi rivolgersi quando si trovavano di fronte a un compito più grande di loro. E il rispetto, anche a livello internazionale, era massimo. Per cui i risultati della Samp, in Italia e all'estero, non sono arrivati per caso, ma sono stati frutto di un lavoro, sempre in punta di fioretto. Credo sia l'unico presidente ad avere intitolate due strade in città diverse. Fa piacere che certi riconoscimenti siano per coloro che li meritano, visto che si vive in un mondo di bluff.
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