Statistiche? Con juicio

27.02.2023 09:00 di Claudio Nassi   vedi letture
Statistiche? Con juicio

Con Sandro Picchi, capo dei servizi sportivi, avevo a La Nazione una rubrica, "Il mio pallone". Scrivevo per tre amici, come ripetevo. A Lady Radio credevo fosse la stessa cosa, quando TuttomercatoWeb ha iniziato a farla sua e i numeri sono saliti in modo esponenziale. Dovevo stare attento alle virgole. Costretto a parlare di calcio ancor più seriamente, inizio da tre santoni: Alex Ferguson, Marcelo Bielsa e Béla Guttmann. Dice il primo: "Decidere velocemente quando sei sotto pressione. Ecco che cos'è il calcio". Il secondo: "Nel calcio non esiste un solo motivo perché, in campo, un calciatore stia fermo. Il calcio è movimento: correre e smarcarsi". Il terzo ricorda: "Quando sei in possesso del pallone, smarcati. Quando, invece, l'hanno i nemici, marca. Il calcio è tutto qui". Pensate agli scienziati di casa nostra, abituati a dissertare sul sesso degli angeli, che hanno sempre proposto un calcio diverso, mai semplice, quando non è così. Perché la difficoltà e la complessità vanno oltre il gioco.

Aldo Giordani, grande giornalista di basket, spiegava meglio di chiunque altro come ci si doveva avvicinare alla partita: "Allo stadio andate a divertirvi. Non commettete l'errore di accalorarvi, perché la classifica la decidono gli arbitri e i campionati i designatori". Seppoi sperate vi aiuti a capire la più parte degli opinionisti, dimenticatelo. Mickey Mantle dei New York Yankees era solito dire: "E' incredibile quante cose non conosci dello sport che hai giocato per una vita". Credo di aver spiegato la frase di Cecco Lamberti: "Il calcio è un gioco stupido per persone intelligenti".

Non so se ha aiutato "Porto Franco" di Arturi sulla "rosea", con un titolo che è tutto un programma: "Il metacalcio delle statistiche è inarrestabile". Rispondeva a una domanda del lettore Mario Sedicci, che non si spiegava l'uso degli algoritmi per fare la campagna acquisti, perché si perdeva il buon senso per rincorrere le mode. Per chi ha mangiato pane e statistica, adattando gli scout del basket al calcio fin dal '78 e confezionato, con amici, un annuario tecnico-statistico dal '90 al 2000, di 1.300 pagine, al costo di 120mila lire, si sfonda una porta aperta. "Le statistiche sono importanti - dice Arturi - altrimenti non sarebbe celebrata una giornata l'anno in Italia e ogni lustro nel mondo. Bastano da sole? No". Ma bisogna essere pratici e non esagerare come negli USA. Ai calciatori servono poche notizie e precise, cosa che non faceva quel tecnico che mandava il "secondo" a vedere quante volte scendeva sulla fascia il fluidificante mancino. 

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