Tatticamente
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Continuo a parlare di calcio, tanto da domandare perché ho lasciato. Avrei avuto problemi di salute. Lavoravo diciotto ore al giorno, disposto a pagare solo per errori miei. L'introduzione porta a un tema caro: gli schemi. Indispensabili su palla inattiva e mai da ripetere, mentre dalla metà campo in avanti non va imprigionata la fantasia, oltre al fatto che si regalerebbero vantaggi. Guardavo gli altri. Analizzavo punti di forza e di debolezza. Se dovevo affrontare la corazzata Inter, Dimarco, Barella e Calhanoglu erano da marcare. Il primo per la facilità nel servire assist, il secondo per la completezza, il terzo per essere il passaggio obbligato. Si sarebbe tagliata la testa alla "beneamata".
L'Atalanta in mezzo non la vale, ma De Roon - Ederson è l'asse portante. Il primo, l'interditore più forte in circolazione, fa ripartire non so quante azioni, con percentuale di errore risibile. Il secondo dà qualità. Anche stavolta, chiudendoli, si creano problemi. Col Napoli è sin troppo facile. Lobotka è l'allenatore in campo. Marcato e attaccato l'anello debole. Come Locatelli alla Juventus e, soprattutto, Badelj al Genoa. Potrei aggiungere Ricci al Torino e Nicolussi Caviglia al Venezia, uno dei giovani più migliorati.
La Roma è più complessa, perché ha Dybala, Paredes e Hummels. Il primo pare aver trovato continuità e, con un nuovo preparatore, allontanato gli infortuni. Lasciarlo libero è gioia per gli occhi, meno per l'avversario. Oltre a una tecnica sopraffina, gioca sempre in verticale alla ricerca del gol. Paredes, altro nazionale argentino, ha il compito di guidare i giallorossi. Ancora un passaggio obbligato, con quel che ne consegue. Bello da vedere per le geometrie, ma lento. Infine Hummels, uno dei difensori più forti sotto il profilo tecnico. Senza contare la pericolosità su palla inattiva. Il tallone d'Achille la fase difensiva. Se non coperto è da attaccare. Non basta l'esperienza, anche se parlo di uno di alto livello.
Non so se è tutto giusto, ma è frutto di considerazioni maturate negli anni. Quando dico che certi calciatori vanno marcati, penso a Helenio Herrera quando, nella prima Coppa dei Campioni vinta 3-1 dall'Inter sul Real Madrid, fece seguire Di Stefano, l'uomo determinante, da Tagnin, anche alla bandierina; o quando Benitez, in Chelsea - Liverpool, mise Gerrard, il migliore, su Makélélé, interditore principe. C'erano precisi motivi che portavano a questa disposizione e, in entrambi i casi, si rivelarono vincenti.
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