Trentalange

05.05.2023 09:00 di Claudio Nassi   vedi letture
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Trentalange

Anche in un momento in cui le cose sembrerebbero non andar male, il calcio non si fa mancare nulla. Commette uno dei più grandi errori degli ultimi tempi. Stupisce come la cosa venga fatta passare sotto silenzio dai due più importanti quotidiani sportivi, che, sollecitati, sono corsi ai ripari il giorno seguente. Mi riferisco al 27 aprile scorso, quando il Presidente dell'AIA Alfredo Trentalange fu assolto con formula piena dalla Corte Federale d'Appello. Ritenuto responsabile del caso D'Onofrio, l'ex Procuratore Capo dell'AIA che, nel novembre 2022, venne arrestato per traffico internazionale di droga, era stato inibito per tre mesi dal Procuratore Chinè, dopo che ne aveva chiesti sei ed era stata rifiutata la proposta di patteggiamento dai suoi legali.

Dai fatti ad alcune considerazioni. Se c'è una componente della FIGC che non va toccata, è l'AIA. Ha una lunga tradizione, ricca di dirigenti ricordati a più riprese e capaci di assolvere al compito più delicato: l'arbitraggio. Vive in un fortino inespugnabile, se attaccata dall'esterno, ma in guerra perenne all'interno. Sfugge poco a questi signori e, dal momento che forze uguali e contrarie si annullano, viene sempre trovata soluzione ai problemi. Alle corte, prima di attaccare bisogna avere certezze.

Seppoi l'uomo che deve rispondere è Alfredo Trentalange, la cosa si fa più difficile. Arbitro internazionale con 149 presenze, secondo solo a Collina, impegnato nel sociale, eletto con oltre il 60% di preferenze, ha contribuito alla battaglia contro la violenza sugli arbitri e a ripopolare il numero di tesserati, saliti negli ultimi diciotto mesi di 3.000 unità, con il doppio tesseramento calciatore-arbitro, quando, fino a quattro anni fa, c'erano state più fughe che ingressi. Ricordo che i capi di accusa formulati da Chinè erano sette, poi ridotti a due dal Tribunale Federale, omesso controllo su D'Onofrio e rimborsi spese, oltre a una telefonata mai provata. Facile per la Corte Federale d'Appello, presieduta da Mario Luigi Torsello, accogliere il ricorso, annullando la decisione di primo grado.

C'è, infine, un'ultima considerazione da fare, sfuggita a Chinè: il collegio di difesa. Oltre a Presutti, Gallinelli e Laudati, c'era Mattarella, figlio del Presidente della Repubblica. So per certo che non è facile avvicinarlo, ma se non fosse stato sicuro dell'esito finale, quando mai avrebbe accettato di difendere Trentalange?   

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