Van Basten e Mancini: la verità

04.03.2016 10:47 di  Claudio Nassi   vedi letture
© foto di Giacomo Morini
Van Basten e Mancini: la verità

Sono abituato a convivere con i dubbi, per cui mi sono trovato spiazzato di fronte a quella dichiarazione di Oriana Fallaci che dice: "Non è vero che la verità sta sempre nel mezzo, a volte sta da una parte sola". Mi sono chiesto se avesse ragione e quando giorni or sono ho letto due notizie sono stato costretto a ripensarci.

La prima in una bella intervista di Beppe Tassi ad Arrigo Sacchi, che spiegava Silvio Berlusconi e dal titolo "30 anni da rivoluzionario", in cui si magnificavano, come giusto, le imprese di chi aveva portato il club sul tetto del mondo. Magari non concordavo sul fatto che avesse speso meno di tanti altri, perché quando comprò il Milan, nel febbraio '86, fece investimenti importanti. So perfettamente (ero alla Fiorentina) che cosa pagò Massaro e Galli. Cifre fuori mercato. Con il tempo ho capito. Doveva vincere subito, serviva anche alle aziende e non guardava a spese. Poi leggo che Van Basten arrivò a costo zero perché in scadenza di contratto. Ma non apparteneva all'Ajax, bensì alla Interpro Ltd., società del suocero di Cruijff, Coster, dell'ex ala sinistra dei Lanceri, Keizer, e di Apollonius. L'avevo acquistato per la Fiorentina il 21 marzo '86 a trattativa privata, che prevedeva anche l'ingaggio triennale da 600 milioni netti a stagione, con casa e macchina in affitto a carico della società. Conservo gelosamente il contratto incorniciato.

La seconda notizia la trovo su Sportweek, l'inserto del sabato della "rosea", nella rubrica di Massimo Perrone. Riguarda l'acquisto di Roberto Mancini da parte della Sampdoria. Mi incontravo a Milano, all'Hotel Four Seasons, con il Presidente del Bologna Fabbretti, ben sapendo che il diciassettenne interessava alla Juventus e all'Udinese di Sanson. Alla fine di mille peripezie, come quella di Gigi Radice che, appena assunto, lasciò come apprese che Mancini sarebbe stato ceduto, chiusi l'affare con Fabbretti alle 22.30 del 30 giugno all'Hotel Roma a Piacenza, alla presenza di Carlo Novara, autista del mio Presidente, con Mantovani al telefono dall'Hotel Richmond di Ginevra: 2 miliardi e 550 milioni più Logozzo, Galdiolo e Roselli. A Borea, sostituito al Bologna da Mario David, avevo promesso che l'avrei aiutato a trovare un posto e, dal momento che avevo deciso di chiudere con il calcio, lo presentai a Mantovani. Non dormii la notte con il terrore che uscisse la notizia. Temevo l'intervento della Juventus e alle 8.00 telefonai a Borea perché andasse nelle Marche immediatamente a raccogliere la firma del padre, trattandosi di un minorenne.

Ecco perché mi veniva da pensare a Oriana Fallaci e a quella frase che mette i dubbi all'angolo.

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