W il contropiede

07.09.2020 09:00 di  Claudio Nassi   vedi letture
W il contropiede

Sono sempre stato dell'avviso che con due anni di lavoro si potrebbe cambiare il calcio e tornare al tempo in cui il Belpaese aveva il rispetto di tutti e il campionato di Serie A era il più importante, con i migliori stranieri. Eravamo la terra dei portieri e dei difensori, il Torneo di Viareggio valeva un mondiale di categoria, i settori giovanili erano guidati da istruttori degni di questo nome e si faceva paura, perché si privilegiava il contropiede. Non ho mai capito chi ha cercato di stravolgere quanto portava ad occupare le posizioni di vertice del ranking internazionale e l'insistenza di coloro che hanno tentato di imporre idee diverse, rispettabili, ci mancherebbe, ma che mettevano in discussione il buono fatto.

Ho sempre guardato agli USA, che avevano inventato lo sport professionistico, e cercato di prendere quello che ritenevo utile. Ricordo tutto, a partire dalle statistiche e gli insegnamenti di John Wooden, Pete Carril, Vince Lombardi, Jerry Krause, Bill Veeck, Bill Belichick, Bruce Weber e Phil Jackson. In particolare una frase di Red Auerbach, forse il numero uno dell'NBA, coach dei Boston Celtics negli anni '50/'60: "Bill Reinhart era 25 anni avanti a tutti. Diceva che segnare in contropiede era il modo più facile e, al tempo stesso, il più efficace per demoralizzare l'avversario". La conferma, ove ce ne fosse stato bisogno, che era la tattica migliore. Una delle due che permette di non partire battuti anche contro i più forti. Fino a pochi giorni or sono era addirittura vietato parlare di contropiede. Si optava per ripartenza. Era stato messo all'indice. Una bestemmia.

Finalmente Mario Sconcerti sul Corriere della Sera, colpito come San Paolo sulla via di Damasco, si è ribellato. Ha ricordato che "... le squadre italiane non vincono niente da 10 anni", che "... è stato messo in crisi il contropiede", che "...siamo un calcio senza più maestri", che "... manca una scuola che li sappia costruire", che "... rappresentiamo il fallimento di Coverciano, da rivedere nella durata dei corsi, nella democrazia delle iscrizioni, nella profondità dei testi e soprattutto nella rigidità delle sue associazioni corporative". E pensare che a cavallo del 2001/2, durante il commissariamento del Settore Tecnico, era iniziata la fase del rinnovamento. Con stupore, tutto ebbe fine. Si nominò all'improvviso Presidente l'ottantaduenne Bearzot. Abitava a Milano. Non sarebbe mai venuto a Coverciano!

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